Questa mattina vorrei porre ai vostri ospiti una domanda relativa ad una questione molto delicata motivo per cui non scriverò i nomi veri dei protagonisti della vicenda, ma solo nomi di fantasia.
Poniamo che il monarca del più ricco stato teocratico del mondo che per comodità chiameremo Vaticano sia in viaggio apostolico in un altro continente che per comodità chiameremo Africa.
Poniamo anche che il monarca, viaggi a bordo di un aereo di Stato di un paese confinante, che per comodità chiameremo Italia.
Poniamo che l'aereo, così come il viaggio, sia pagato con i soldi delle tasse dei cittadini dell'Italia i cui governanti , gente generosa coi soldi degli altri, non si siano fatti troppo pregare per concedere.
Per pura ipotesi supponiamo che lo stato Italia non stia passando un bel momento storico: corruzione politica, crisi economica, difficoltà ad arrivare alla fine del mese ma soprattutto branchi di cani assassini liberi per città e paesi hanno messo in ginocchio il morale della gente.
Poniamo ancora che il monarca durante il viaggio, attorniato da un codazzo di giornalisti accreditati, parli di una malattia particolare a trasmissione sessuale, che per comodità chiameremo AIDS.
Presupponiamo anche che per l'AIDS non esistano rimedi se non la prevenzione con l'uso del preservativo.
Domanda: se il monarca dicesse che l'uso del preservativo anzichè limitare la diffusione dell'AIDS la favorisse, i cittadini dello stato Italia potrebbero chiedere ai propri governanti di non pagare il biglietto di ritorno?
venerdì 20 marzo 2009
sabato 14 marzo 2009
Lezioni di piano
Neanche l'introduzione del voto digitale alla camera ferma i "furbetti".
Ad oggi, sono ancora 21 i deputati si sono rifiutati di dare le loro 'minuzie' (impronte digitali); e cosi', il 12 marzo scorso, due parlamentari non hanno resistito al gusto della trasgressione ed hanno votato per altrettanti colleghi 'renitenti'.
Riporta l'ANSA: I 'pianisti' sono Guido Dussin della Lega e Carmelo Lomonte dell'Mpa, che e' vicepresidente del gruppo Misto. I due, che risultano tra quelli che hanno rilasciato le 'minuzie', hanno votato anche per i rispettivi colleghi di gruppo Matteo Salvini ed Elio Belcastro, i quali invece appartengono alla pattuglia dei 21 deputati che si sono rifiutati di farlo e che, quindi, votano con il vecchio sistema.
Dussin, come ha potuto constatare l'ANSA, ha coperto il meccanismo di voto di Salvini, che non era in Aula, con una copia della 'Gazzetta dello sport' sotto cui ha infilato la mano per votare. Piu' disinvolto nell'azione invece Lomonte, che non ha coperto la mano 'incriminata': le lucette del sistema elettronico si sono viste accese al momento del voto sia al suo posto sia a quello del collega Belcastro.
Dai tabulati delle votazioni emerge che sia Salvini sia Belcastro erano presenti e votanti: ma ne' Salvini ne' Belcastro in quel momento erano al loro posto in Aula.
Il presidente della Camera Fini, sensibilmente alterato, preannuncia sanzioni e intanto, difende il nuovo sistema di voto da lui fortemente voluto: "Funziona. Serve al buon nome del Parlamento, perchè nessuno è stato condannato a fare il deputato, anzi molti hanno implorato di farlo. E comunque tutti sono compensati in modo dignitoso per il proprio mandato".
Rincara la dose rilevando che "si era raggiunto un livello insopportabile a danno della credibilità del Parlamento, con deputati che votavano come polipi per garantire la diaria a chi non c'era".
Matteo Salvini, interpellato, si dichiara sorpreso: "Sono stato in Aula durante tutto il periodo dei lavori, assentandomi solo per pochi minuti per un normale bisogno fisiologico".
Ad oggi, sono ancora 21 i deputati si sono rifiutati di dare le loro 'minuzie' (impronte digitali); e cosi', il 12 marzo scorso, due parlamentari non hanno resistito al gusto della trasgressione ed hanno votato per altrettanti colleghi 'renitenti'.
Riporta l'ANSA: I 'pianisti' sono Guido Dussin della Lega e Carmelo Lomonte dell'Mpa, che e' vicepresidente del gruppo Misto. I due, che risultano tra quelli che hanno rilasciato le 'minuzie', hanno votato anche per i rispettivi colleghi di gruppo Matteo Salvini ed Elio Belcastro, i quali invece appartengono alla pattuglia dei 21 deputati che si sono rifiutati di farlo e che, quindi, votano con il vecchio sistema.
Dussin, come ha potuto constatare l'ANSA, ha coperto il meccanismo di voto di Salvini, che non era in Aula, con una copia della 'Gazzetta dello sport' sotto cui ha infilato la mano per votare. Piu' disinvolto nell'azione invece Lomonte, che non ha coperto la mano 'incriminata': le lucette del sistema elettronico si sono viste accese al momento del voto sia al suo posto sia a quello del collega Belcastro.
Dai tabulati delle votazioni emerge che sia Salvini sia Belcastro erano presenti e votanti: ma ne' Salvini ne' Belcastro in quel momento erano al loro posto in Aula.
Il presidente della Camera Fini, sensibilmente alterato, preannuncia sanzioni e intanto, difende il nuovo sistema di voto da lui fortemente voluto: "Funziona. Serve al buon nome del Parlamento, perchè nessuno è stato condannato a fare il deputato, anzi molti hanno implorato di farlo. E comunque tutti sono compensati in modo dignitoso per il proprio mandato".
Rincara la dose rilevando che "si era raggiunto un livello insopportabile a danno della credibilità del Parlamento, con deputati che votavano come polipi per garantire la diaria a chi non c'era".
Matteo Salvini, interpellato, si dichiara sorpreso: "Sono stato in Aula durante tutto il periodo dei lavori, assentandomi solo per pochi minuti per un normale bisogno fisiologico".
...ecchellallà
Sentenza storica della Corte di Cassazione la numero 10535 del 11/12/2008 in cui si ribadisce che blog e forum non sono stampa in quanto "non rientrano nella più specifica disciplina della libertà di stampa, ma solo in quella più generale di libertà di manifestazione del proprio pensiero di cui all’art. 21, comma 1, Cost."
La sentenza dovrebbe mettere fine alle mire della politicocrazia su Internet e soprattutto per quel che riguarda la normale libertà di pensiero e d'espressione.
La querelle prende il via nel novembre 2006, periodo in cui le pagine di cronaca, dei giornali riportavano episodi di pedofilia che vedevano protagonisti numerosi preti. In quel periodo alcune pagine del forum del sito web dell’Aduc (Associazione degli utenti e consumatori) il si è popolato di messaggi contro i preti pedofili accusati di "diffondere il ’sacro seme del Cattolicesimo’" attraverso le loro pratiche. Proprio per il contenuto di questi messaggi, l'associazione “Mater Onlus” di don Fortunato di Noto denunciò il fatto, contestando la violazione dell'art. 403 del codice penale - offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone.
(...ecchellallà)
La magistratura di Catania accoglieva l'istanza del Fortunato di Noto e sequestrava le pagine "incriminate".
Il legale dell'Aduc, per difendere i propri assistiti, ha sostenuto che ai nuovi mezzi di espressione come appunto i blog e i forum, debbano essere riconosciute gli stessi diritti riservati alle testate giornalistiche.
La Suprema Corte non è stata, però, dello stesso avviso, giacché non ha condiviso la tesi avanzata dall’avvocato dell’Aduc, replicando che questi mezzi di spressione “non possono essere qualificati come un prodotto editoriale, o come un giornale on-line, o come una testata giornalistica informatica”. I forum, secondo la Cassazione “sono una semplice area di discussione dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero ma non per questo il forum resta sottoposto alle regole e agli obblighi cui è soggetta la stampa o può giovarsi delle guarentigie in tema di sequestro che la Costituzione riserva solo alla stampa”.
Tuttavia, se da un lato l'Alta Corte libera forum, blog e social forum dai vincoli propri della stampa, dall'altra li vincola al rispetto del “buon costume” pena il sequestro delle pagine web. E c'è chi come Marcello Foa, dalle pagine de "Il Giornale" si proccupa: "...che la sentenza della Cassazione sia esagerata e che costituisca un precedente potenzialmente pericoloso per la libertà di espressione in questo Paese. Chi stabilisce cos’è il buon costume? E chi ci garantisce che questa sentenza non venga usata per mettere a tacere opinioni scomode?"
A dare una mano a dipanare i dubbi di Marcello Foa ci pensa la proposta di legge di Gabriella Carlucci del Pdl.
(...ecchellallà 2)
Con la scusa di voler combattere la pedofilia online l'onorevole ex show girl tenta di imbrigliare la rete.
L’art. 1 recita così: “È fatto divieto di effettuare o agevolare l’immissione nella rete di contenuti in qualsiasi forma (testuale, sonora, audiovisiva e informatica, ivi comprese le banche dati) in maniera anonima”.
Particolarmente interessante risulta anche essere il primo comma dell’art. 3, in palese contrasto con la sentenza n. 10535 della Cassazione:“Per quanto riguarda i reati di diffamazione si applicano, senza alcuna eccezione, tutte le norme relative alla Stampa”.
La legge presentata da Gabriella Carlucci prevede anche l’istituzione “entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il ‘Comitato per la tutela della legalità nella rete Internet’”.
La sentenza dovrebbe mettere fine alle mire della politicocrazia su Internet e soprattutto per quel che riguarda la normale libertà di pensiero e d'espressione.
La querelle prende il via nel novembre 2006, periodo in cui le pagine di cronaca, dei giornali riportavano episodi di pedofilia che vedevano protagonisti numerosi preti. In quel periodo alcune pagine del forum del sito web dell’Aduc (Associazione degli utenti e consumatori) il si è popolato di messaggi contro i preti pedofili accusati di "diffondere il ’sacro seme del Cattolicesimo’" attraverso le loro pratiche. Proprio per il contenuto di questi messaggi, l'associazione “Mater Onlus” di don Fortunato di Noto denunciò il fatto, contestando la violazione dell'art. 403 del codice penale - offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone.
(...ecchellallà)
La magistratura di Catania accoglieva l'istanza del Fortunato di Noto e sequestrava le pagine "incriminate".
Il legale dell'Aduc, per difendere i propri assistiti, ha sostenuto che ai nuovi mezzi di espressione come appunto i blog e i forum, debbano essere riconosciute gli stessi diritti riservati alle testate giornalistiche.
La Suprema Corte non è stata, però, dello stesso avviso, giacché non ha condiviso la tesi avanzata dall’avvocato dell’Aduc, replicando che questi mezzi di spressione “non possono essere qualificati come un prodotto editoriale, o come un giornale on-line, o come una testata giornalistica informatica”. I forum, secondo la Cassazione “sono una semplice area di discussione dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero ma non per questo il forum resta sottoposto alle regole e agli obblighi cui è soggetta la stampa o può giovarsi delle guarentigie in tema di sequestro che la Costituzione riserva solo alla stampa”.
Tuttavia, se da un lato l'Alta Corte libera forum, blog e social forum dai vincoli propri della stampa, dall'altra li vincola al rispetto del “buon costume” pena il sequestro delle pagine web. E c'è chi come Marcello Foa, dalle pagine de "Il Giornale" si proccupa: "...che la sentenza della Cassazione sia esagerata e che costituisca un precedente potenzialmente pericoloso per la libertà di espressione in questo Paese. Chi stabilisce cos’è il buon costume? E chi ci garantisce che questa sentenza non venga usata per mettere a tacere opinioni scomode?"
A dare una mano a dipanare i dubbi di Marcello Foa ci pensa la proposta di legge di Gabriella Carlucci del Pdl.
(...ecchellallà 2)
Con la scusa di voler combattere la pedofilia online l'onorevole ex show girl tenta di imbrigliare la rete.
L’art. 1 recita così: “È fatto divieto di effettuare o agevolare l’immissione nella rete di contenuti in qualsiasi forma (testuale, sonora, audiovisiva e informatica, ivi comprese le banche dati) in maniera anonima”.
Particolarmente interessante risulta anche essere il primo comma dell’art. 3, in palese contrasto con la sentenza n. 10535 della Cassazione:“Per quanto riguarda i reati di diffamazione si applicano, senza alcuna eccezione, tutte le norme relative alla Stampa”.
La legge presentata da Gabriella Carlucci prevede anche l’istituzione “entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il ‘Comitato per la tutela della legalità nella rete Internet’”.
venerdì 6 marzo 2009
Schedature
Mi sento di condividere appieno l'affermazione del consigliere comunale milanese Paolo Massari (FI - PDL) sul fatto che i politici siano lo specchio di chi li vota. Forse è per questo motivo che la Camera dei Deputati ha introdotto il sistema di controllo del voto attraverso l'impronta digitale. Controllo che al di là dei costi non proprio irrisori (500.000 euro) impedisce ai politici di fare i "furbi".
Ora, la mia domanda è retorica: che grado di inciviltà ha raggiunto quel paese in cui si deve cercare d'arginare la furbizia di chi l'amministra?
Una farsa, però, non è mai tale se non ne contiene almeno un'altra: i più restii a dare le proprie impronte sono i parlamentari del Carroccio. Tra loro Matteo Brigandì afferma che la procedura è un inutile sperpero di danaro e per questo rifiuta di dare le proprie impronte. E' comunque singolare rimarcare come i dirigenti della lega siano i più propensi a far prendere le impronte agli altri ma a non dare le proprie.
Il meglio l'ha prodotto il deputato Paolo Guzzanti (ex PDL ora PLI): "Raccogliere le impronte digitali è oltraggio alla dignita’ del Parlamento e di fatto equipara nell’immagine pubblica i parlamentari ai sospetti criminali".
La comicità per i Guzzanti è sicuramente un dono di famiglia, ma il meglio, come la verità, viene fuori sempre in modo involontario.
Evocato telefonicamente dagli studi di 7 Gold, Matteo Salvini (Parlamentare e Capogruppo della Lega al Consiglio Comunale di Milano), alla domanda sulla sua riottosità a lasciare le impronte digitali tiene a precisare che Umberto Bossi ha dato le proprie ieri (?!).
Poi attacca una "filippica" sul fatto che i lavori parlamentari sono faragginosi ed estenuanti.
Poi dice che al parlamento europeo si vota con carta e penna e che potremmo farlo anche qui.
Poi dice che la lega è la più presente ai lavori parlamentari e l'IDV quella meno.
Poi dice che lui è in linea con le presenze della lega.
Poi dice che sul sito della Camera...
Non un fiato, però, sui motivi del rifiuto di dare le impronte.
Ora, la mia domanda è retorica: che grado di inciviltà ha raggiunto quel paese in cui si deve cercare d'arginare la furbizia di chi l'amministra?
Una farsa, però, non è mai tale se non ne contiene almeno un'altra: i più restii a dare le proprie impronte sono i parlamentari del Carroccio. Tra loro Matteo Brigandì afferma che la procedura è un inutile sperpero di danaro e per questo rifiuta di dare le proprie impronte. E' comunque singolare rimarcare come i dirigenti della lega siano i più propensi a far prendere le impronte agli altri ma a non dare le proprie.
Il meglio l'ha prodotto il deputato Paolo Guzzanti (ex PDL ora PLI): "Raccogliere le impronte digitali è oltraggio alla dignita’ del Parlamento e di fatto equipara nell’immagine pubblica i parlamentari ai sospetti criminali".
La comicità per i Guzzanti è sicuramente un dono di famiglia, ma il meglio, come la verità, viene fuori sempre in modo involontario.
Evocato telefonicamente dagli studi di 7 Gold, Matteo Salvini (Parlamentare e Capogruppo della Lega al Consiglio Comunale di Milano), alla domanda sulla sua riottosità a lasciare le impronte digitali tiene a precisare che Umberto Bossi ha dato le proprie ieri (?!).
Poi attacca una "filippica" sul fatto che i lavori parlamentari sono faragginosi ed estenuanti.
Poi dice che al parlamento europeo si vota con carta e penna e che potremmo farlo anche qui.
Poi dice che la lega è la più presente ai lavori parlamentari e l'IDV quella meno.
Poi dice che lui è in linea con le presenze della lega.
Poi dice che sul sito della Camera...
Non un fiato, però, sui motivi del rifiuto di dare le impronte.
mercoledì 4 marzo 2009
Pasticcio di maccheroni...
La "buvette" del senato italiano è l' elegante e spaziosa sala Marucelliana, con la volta a figurine e fregi in stucco chiaro, eseguiti nel 1931. Nella "buvette" si trova il bar: una grande boiserie scolpita con putti da un lato e un pregiato arazzo dei Medici dall'altro. La "buvette" è posta al piano nobile di palazzo Madama dov'è l'Aula. Il bar dei senatori ottenne gli onori della cronaca nel caldo 8 giugno 2007, quando il senatore Rocco Buttiglione, filosofo dell'Udc, e la senatrice Albertina Soliani, prodiana emiliana, anche a nome di un nutrito gruppo di parlamentari, scrivendo ai questori di Palazzo Madama, lamentavano l'assenza di gelati, invitandoli a provvedere in tal senso, al fine di "adeguare i servizi del Senato alle esigenze della normale vita quotidiana delle persone".
Ancora la "buvette", questa volta però quella della Camera, torna alla ribalta lo scorso mese di febbraio quando, dopo la segnalazione della Lega, è stato estromesso il burro francese, a favore di quello più autarchico "made in Italy".
Dopo questa importante vittoria, il leghista Maurizio Fugatti, affermava che così facendo s'è ristabilito un principio di reciprocità: "Per quanto riguarda le auto il governo di Sarkozy non si fa tanti problemi a finanziare esclusivamente le case automobilistiche francesi, in barba a quelle italiane".
E' di ieri la notizia che alla buvette del senato il listino prezzi, da lunedì, è stato ridotto del 20%.
Una porzione di pasticcio di maccheroni costa un euro e mezzo e un caffè 42 cent. Un pasto completo passa da poco più di 6 euro a 5,06 euro.
Neanche a dirlo, appena gli "stalinisti" del quotidiano "La repubblica" hanno pubblicato la notizia s'è scatenato il solito ignobile vespaio demagogico degli antipolitici.
A dirimere la questione, forte del suo ruolo istituzionale, ci pensa, meno di 24 ore dopo, il presidente del Senato Renato Schifani. "Alla buvette di Palazzo Madama tornano i vecchi prezzi" afferma il questore Benedetto Adragna, senatore del Pd "in risposta alle proteste che erano venute dopo la notizia del calo del 20% del listino prezzi delle consumazioni, diffusa da Repubblica. La differenza del 20% tra il prezzo stabilito dal nuovo gestore e il vecchio prezzo andrà in beneficenza. Il presidente Schifani, che non poteva rimanere assolutamente indifferente su tutto quello che stava accadendo rispetto alla questione dei costi alla buvette e al nuovo prezzario che, anche se calato di pochi centesimi, ha avuto un forte impatto all'esterno".
Ancora la "buvette", questa volta però quella della Camera, torna alla ribalta lo scorso mese di febbraio quando, dopo la segnalazione della Lega, è stato estromesso il burro francese, a favore di quello più autarchico "made in Italy".
Dopo questa importante vittoria, il leghista Maurizio Fugatti, affermava che così facendo s'è ristabilito un principio di reciprocità: "Per quanto riguarda le auto il governo di Sarkozy non si fa tanti problemi a finanziare esclusivamente le case automobilistiche francesi, in barba a quelle italiane".
E' di ieri la notizia che alla buvette del senato il listino prezzi, da lunedì, è stato ridotto del 20%.
Una porzione di pasticcio di maccheroni costa un euro e mezzo e un caffè 42 cent. Un pasto completo passa da poco più di 6 euro a 5,06 euro.
Neanche a dirlo, appena gli "stalinisti" del quotidiano "La repubblica" hanno pubblicato la notizia s'è scatenato il solito ignobile vespaio demagogico degli antipolitici.
A dirimere la questione, forte del suo ruolo istituzionale, ci pensa, meno di 24 ore dopo, il presidente del Senato Renato Schifani. "Alla buvette di Palazzo Madama tornano i vecchi prezzi" afferma il questore Benedetto Adragna, senatore del Pd "in risposta alle proteste che erano venute dopo la notizia del calo del 20% del listino prezzi delle consumazioni, diffusa da Repubblica. La differenza del 20% tra il prezzo stabilito dal nuovo gestore e il vecchio prezzo andrà in beneficenza. Il presidente Schifani, che non poteva rimanere assolutamente indifferente su tutto quello che stava accadendo rispetto alla questione dei costi alla buvette e al nuovo prezzario che, anche se calato di pochi centesimi, ha avuto un forte impatto all'esterno".
lunedì 2 marzo 2009
Gaspare Baldassarre e ...Melchiorre
Questa mattina nello studio di "Aria Pulita" è presente l'Onorevole Daniela Melchiorre. L'onorevole è deputato della XVI Legislatura - eletta il 22/04/2008 nella lista del Popolo della Libertà, salvo poi, a poche settimane dall'avvenuta elezione, cambiare nuovamente collocazione politica per lasciare il centrodestra ed aderire al gruppo misto. Il 17 novembre scorso annuncia ufficialmente il passaggio all'opposizione e di fatto il ritorno nel centro-sinistra. L'onorevole Melchiorre dice dev'essere venuta dall'"antipolitica". Una domanda per lei:
Onorevole poco fa lei ha detto di non essere un politico di professione ma di venire dall' "antipolitica".
Le dispiace cercare di spiegarci meglio questo concetto?
Personalmente credo che l'antipolitica (definita così dai politici) sia solo l'umile richiesta della gente comune a fare politica in modo diverso. Forse più serio.
Una di queste inversioni di tendenza è, ad esempio, evitare di saltare da una parte all'altro degli schieramenti politici a seconda della convenienza del momento.
Lei che ne pensa?
Onorevole poco fa lei ha detto di non essere un politico di professione ma di venire dall' "antipolitica".
Le dispiace cercare di spiegarci meglio questo concetto?
Personalmente credo che l'antipolitica (definita così dai politici) sia solo l'umile richiesta della gente comune a fare politica in modo diverso. Forse più serio.
Una di queste inversioni di tendenza è, ad esempio, evitare di saltare da una parte all'altro degli schieramenti politici a seconda della convenienza del momento.
Lei che ne pensa?
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