sabato 27 aprile 2013

Roberto Vacca - Democrazia e partecipazione

La democrazia è la peggiore forma di governo – eccetto per tutte le altre forme che sono state provate di tempo in tempo [che sono ancora peggio]” – disse Winston Churchill alla Camera dei Comuni l’11 novembre 1947.
Chi ha vissuto al tempo del fascismo ricorda che allora si stava peggio. Poca cultura (tranne eccezioni note e quasi mai dovute al regime) – giustizia coartata – libertà assente – decisioni governative improvvisate e sbagliate che portarono al disastro. Ora viviamo in democrazia e vediamo bene i difetti del sistema cui alludeva Churchill. Non dimentichiamo, però, i guai più gravi che conseguirebbero a innovazioni che aboliscano la elezione di rappresentanti senza vincolo di mandato (v. Art.67 della Costituzione). Le maggioranze bulgare del 99% puzzano orrendamente. Taluno mira a realizzarle qui oggi e vorrebbe anche vincolare i deputati con votazioni/sondaggio fatte via Internet, ma non sa definire modi di prevenire brogli e messaggi falsi. Si parla di una democrazia non fatta col voto, ma con la partecipazione diretta. Questa è un’idea che suona attraente, ma è illusoria: chi partecipa può farlo solo con le conoscenze e le competenze che ha. Se sono troppo scarse, procede a caso.
Anche se leggi e mozioni in Parlamento talora sono confuse, sono scritte seguendo regole funzionanti. Chi le propone ha il dovere di renderle univoche e comprensibili. La partecipazione a blog o social network si esprime, invece, con testi corti, “tanto si sa di che cosa stiamo parlando”. Le implicazioni inespresse sono manipolabili e portano a polemiche. La media dei cittadini non ha cultura adeguata a decidere questioni che abbiano aspetti tecnici, legali, costituzionali, scientifici. Neanche i deputati sono tutti esperti: dovrebbero studiare e chiedere aiuto a esperti credibili. 
Sarebbe meno rischiosa la cogestione aziendale da parte dei dipendenti. Ha il vantaggio che i lavoratori sono chiamati a partecipare a decisioni su argomenti di cui hanno conoscenza diretta. È cominciata in Germania (Mitbestimmung) ed è adottata, ma non generalmente anche in Svezia, Olanda e Repubblica Ceca. 
È ingenua l’idea che con Internet ed e-mail risolveremmo ogni problema politico di informazione, correttezza, ottimizzazione delle decisioni, tempestività. Potremmo solo aprire canali su cui tutti ricevano informazioni e notizie – ma questi ci sono già. Poi chiunque potrebbe esprimere pareri o voti – di scarso valore se sono pilotati da riassuntini e twitter che ha appena ricevuto.
Allego estratto di un mio articolo di 12 anni fa, scritto durante il Terzo Global Forum sull’E-Government, tenutosi a Napoli nel Marzo 2001, in cui sostenevo che l’uso di reti telematiche è opportuno per diffondere conoscenza – non come strumento politico. Credo abbia ancora qualche interesse

GLOBAL FORUM SU E-GOVERNMENT - IL MATTINO 13/3/2001
Saremmo tutti anarchici, se l'anarchia funzionasse anche con i grandi numeri. Invece non funziona e la vita associata di milioni di persone ha bisogno di strutture, registrazioni, imposte, leggi e anche di regolamenti. Non sempre questi vincoli sono studiati e applicati bene. I casi in cui ci opprimono troppo sono ben noti a ciascuno - e sono stati descritti in modo angoscioso da tanti scrittori.
Dispiace che gruppi di giovani, certo animati da buone intenzioni, manifestino contro fattibili innovazioni informatiche. Credo che abbiano capito male e che immaginino strutture miranti a rafforzare le disparità, a favorire chi ha più familiarità con la tecnologia ed è più ricco, ad asservire il nostro Paese a nazioni più avanzate. Uno degli obiettivi, invece, è proprio la riduzione del divario fra paesi ricchi e poveri. Ma i disinformati temono eventi non pericolosi e non pensano nemmeno ai rischi veri.
Io credo che sia opportuno riprogettare e modernizzare (certo! ricorrendo alla tecnologia) i grandi sistemi pubblici e privati in modo integrato per cooperazione fra governi, banche, aziende e scuole. Il fine non è quello di ricreare un'economia di tipo sovietico, ma un'arena in cui discutere le priorità della società per offrire agli utenti scelte più variate a livelli di qualità più alti. Ciò richiede che si addestri anche il pubblico: è in questa direzione che l'impegno è ancora inadeguato. In tutta Europa, e in Italia peggio, mancano esperti in reti telematiche nei settori di progetto e pianificazione, realizzazione, manutenzione e gestione. Uno studio commissionato da CISCO e redatto da International Data Corporation stima che nel 2002 la carenza in Europa occidentale sarà di 600.000 addetti (di cui 60.000 in Italia). Altro studio analogo condotto da Accenture è più pessimista e indica per l'anno prossimo la carenza in Europa in 2 milioni di esperti. I rischi implicati da questa situazione sono ovvi. Mentre i nuovi strumenti telematici e in generale di alta tecnologia innalzano i rendimenti di ogni attività umana e, quindi, offrono una migliore qualità della vita, un eventuale strozzatura nel loro sviluppo dovuta alla mancanza di esperti in numero sufficiente, vanificherà sviluppi positivi e manterrà il nostro Paese a un livello di sviluppo basso e antiquato. Anche peggiore sarà la situazione di paesi che cercano di emergere e che noi stessi non saremo in grado di aiutare. 
Ogni innovazione di funzioni del Web  deve essere supportata da piani concreti per creare con urgenza molte scuole avanzate in cui ai nostri giovani si insegnino ad alto livello scienza, informatica, alta tecnologia.
La ricerca e la tecnologia moderne ci hanno allungato la vita, ci hanno dato occasioni (non immaginate fino a tempi recenti) di scelte non solo pratiche e utilitarie, ma anche culturali e spirituali. È un falso altruista chi le rifiuta in nome di una vita semplice e bucolica, ma disastrata per troppi individui mantenuti nell'ignoranza e privi di scelte ed esposti a flussi di informazione precotta e fornita sotto forma di slogan.

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