Giuseppe Gioachino Belli è uno dei più celebri poeti ottocenteschi di dialetto romanesco.
Mi sembra opportuno riportare, proprio in questi giorni in cui i media non smettono di parlare delle dimissioni del Papa, un suo sonetto, composto il 31 dicembre 1845, sulle insormontabili fatiche del Pontefice Romano.
Ah sse chiam'ozzio er suo, brutte marmotte?
Nun fa mai gnente er Papa, eh? nun fa gnente?
Accussì ve pijassi un accidente
Come lui se strapazza e giorn'e notte.
Chi parla co Dio padr'onnipotente?
Chi assorve tanti fiji de mignotte?
Chi manna in giro l'indurgenze a bótte?
Chi va in carrozza a binidì la gente?
Chi je li conta li quadrini sui?
Chi l'ajuta a creà li cardinali?
Le gabbelle, pe dio, nu le fa lui?
Sortanto la fatica da facchino
Da strappà tutto l'anno momoriali
E buttalli a pezzetti in ner cestino!
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