Cesare Battisti mi è stato simpatico fin dai tempi della scuola.
Saranno le mie origini venete oppure il suo irridentismo, forse perchè socialista, oppure perchè giustiziato per l'ideale, piuttosto che per i reati commessi.
Parlo del Cesare Battisti eroe Trentino della I° guerra mondiale, naturalmente.
In questi giorni la politica nazionale, invece, sta parlando dell'altro Battisti, l'omonimo, il pericolosissimo terrorista, il "sinistro" Osama Bin Laden nostrano.
Come in occasioni delle morti eccellenti, la politica ritrova la coesione nazionale.
Da destra a sinistra, infatti, tutti stanno prendendo la rincorsa per sferrare il calcio più forte.
"In prigione! In prigione! E che ti serva da lezione!" cantava Edoardo Bennato negli stessi anni in cui Battisti partecipava agli omicidi di cui è stato condannato.
Non voglio sembrare cinicamente irriverente nei confronti delle famiglie delle vittime, ma non voglio neanche dimenticare che la nostra costituzione all'articolo 27, enuncia che "Le pene (...) devono tendere alla rieducazione del condannato".
Il carcere quindi non è punitivo ma rieducativo e la rieducazione è sinonimo di "recupero sociale", di "reinserimento sociale", di "risocializzazione". In altre parole il dettame ostituzionale inserisce il concetto di relazione, rapportabile alla vita sociale, che presuppone un ritorno del soggetto nella comunità.
Alla luce del dettato costituzionale mi chiedo: di quale recupero sociale ha bisogno Battisti?
Battisti, dal 1981, vive in Francia dove non ha più compiuto reati, ha lavorato, s'è sposato, ha avuto dei figli ed è diventato un romanziere di successo.
Ora la domanda è semplice: a cosa serve la galera a Battisti? 4 ergastoli potranno davvero fare di lui un uomo migliore? La prigione davvero lo recupererà alla vita di relazione oppure è solo vendetta?
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