Il Governo italiano riduce ancora gli investimenti in ricerca. Tende ad allinearsi con il privato - gli industriali che investono in ricerca e sviluppo poco più di metà di quanto fanno in media i paesi europei, mentre finora il pubblico stava al 70% della media europea.
Dal 2000 al 2005 lo Stato investiva 130 milioni di euro all’anno nel programma nazionale di investimenti in ricerche liberamente proposte in tutte le discipline da università e da enti pubblici di ricerca. I fondi per questo Programma di Ricerche di Interesse Nazionale (PRIN) scendevano a 106 milioni nel 2009, 85 nel 2011 e 38 nel 2012. Ora pare stiano per essere annullati e conglobati in quelli (minimi) per finanziare i ricercatori precari.
Di questa situazione “bestiale e indiscreta” (per usare le parole di un agiografo spagnolo medioevale) non parlano i giornali, né i politici. Menzionano più spesso i 14 milioni e mezzo che il Ministero per i Beni Artistici e Culturali ha trovato per comprare e iniziare a riparare la disastrata Reggia borbonica di Carditello. Questa iniziativa è certo meritoria, ma molto meno urgente di quelle per la ricerca. Sembra che sia considerato virtuoso l’ignorare che l’economia prospera e la disoccupazione cala nei paesi che investono in ricerca e sviluppo quattro o cinque volte più di noi.
Come dico sopra nel primo capoverso, l’inadeguatezza degli imprenditori privati è ben maggiore di quella dei poteri pubblici. Anche di questo parlamentari e funzionari dei partiti non si rendono conto.
Nei loro dibattiti e nelle loro consultazioni discutono di: unioni civili e matrimoni fra omosessuali; tasse sui giochi d’azzardo (giusta); restituzione agli insegnanti di scatti d’anzianità che hanno ricevuto per (deplorevole) errore; data di esazione della mini IMU; desiderabile salvataggio dei due fucilieri di marina indebitamente detenuti in India.
Sono tutte questioni rilevanti – e alcune di esse sono state messe sul tappeto molto recentemente. È più vitale e urgente eliminare la vergogna nazionale, che dura da molti decenni, delle scarse risorse dedicate da istituzioni e imprenditori a università, scienza, ricerca e sviluppo.
Sono temi importanti e seri. Sentiamo parlare, invece, di astrattezze e di battibecchi con discorsi, tweet e blog pieni di tropi volgari. Fra questi: “marchette”, “mal di pancia”, “battute”, “assalti alla diligenza” – e non ne cito altri scatologici e penosi.
È triste e tragico che sia negletta la cultura tecnico-scientifica. Però è urgente che anche la cultura letteraria e l’uso corretto della lingua siano coltivati. Parlare e scrivere chiaro aiuterebbe a pensare chiaro.
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