I politici davvero non ce la fanno: la gaffe è nel loro DNA.
L'ultima, solo in ordine di tempo, è quella del "giovin" primo ministro.
Chiudendo il suo discorso di saluto al XVII congresso della Cisl, Letta ha ricordato le parole del suo parroco: "A noi che siamo cresciuti in parrocchia - ha raccontato - ci accomuna quella frase che usava sempre il mio prete quando mi volevo scansare dalle responsabilità perché era faticoso e ritenevo che era meglio fare un passo indietro e rimanere puliti. Mi ripeteva sempre: ricordati che quando andrai di là, la prima cosa che ti diranno è fammi vedere le mani. E se saranno pulite e linde ti diranno: sono così perché le hai tenute in tasca e non va bene. Le mani servono per impastare e per far sì che il mondo sia migliore".
In quest'ottica appare, finalmente, più chiara sia la sudditanza religiosa della nostra classe politica alla nomenclatura catto-talebana, che il continuo motivo delle loro mani in pasta.
Nell'aldiquà, come nell'aldilà, le mani devono essere untuosamente sporche.
Meglio se del sudore dei cittadini e dei soldi della cosa pubblica.
Una mano data agli interessi della chiesa e l'altra mano data agli interessi della mafia. Questo è il minuetto che si balla, soprattutto dal 1994 ....
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