"Non siamo mica gli americani", è il titolo del secondo album di Vasco Rossi di quasi venticinque anni fa.
Non siamo mica gli americani è anche il pensiero che mi ricorreva alla mente, questa notte, mentre seguivo i risultati dell'Election Day statunitense.
Il candidato repubblicano Romney, nel suo discorso di commiato al proprio elettorato, ammettendo la sconfitta, ha ringraziato augurando ogni bene al rieletto presidente democratico Obama e ha invitato il paese all'unità intorno al capo dello stato.
Nella vecchia europa, la crisi ha spazzato via tutti i governi ritenuti, a torto o a ragione, responsabili dell'impoverimento generalizzato.
Negli USA la crisi non sembra aver intaccato più di tanto il sogno del presidente di colore.
La distanza che ci separa degli americani è ben maggiore dell'oceano che ci divide.
Nel paese del campanile questo tipo di atteggiamento non solo è impensabile ma anche improponibile.
Divisi da più di un millennio tra guelfi e ghibellini, impegnati in continue guerre di pollaio, restiamo quel che siamo:
un paese vecchio e moribondo, un satrapato bizantino e decadente, ai confini di un impero.
Specchiato nella classe politica che, tutti i giorni, vediamo da dietro gli schermi televisivi.
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