mercoledì 31 agosto 2011

Noio volevon savuar l'indiriss-ja...




Fine delle vacanze.
In un drammatico momento di tagli mi ritorna alla mente la vicenda legata al sito www.italia.it.
Era il marzo 2007, ma chi potrà più dimenticare il video dell'allora titolare dei Beni Culturali, Francesco Rutelli, che nel suo inglese maccheronico, invitava gli stranieri a visitare l’Italia e il suo nuovo sito.
Una comparsata degna di Totò e Peppino alle prese col "ghisa" milanese.
Il sito Italia.it venne ereditato dall’ex ministro Lucio Stanca e partorito dal dicastero dei beni Culturali (quello di Francesco Rutelli).
Il sito costò 45 milioni di euro ma convinse pochi, sia per i contenuti - piuttosto scarsi, se si pensa che lo stanziamento per testi, video e immagini fu di ben 25 milioni di euro - sia per la tecnologia impiegata (altri 20 milioni) sia per quel logo (costato centomila euro) che il ministero della Grafica, la onlus nata per promuovere la cultura del progetto, definì “lesivo dell’immagine del paese”.
Il polverone sollevato spinse il vicepremier a fare marcia indietro e chiedere ai blogger di aderire al progetto di rifacimento del portale: “Ci diamo un anno di tempo per rendere il sito definitivo, per correggere ciò che potrebbe essere migliorato”.
Nel febbraio del 2008 Italia.it fu chiuso dopo aver fatto ingrassare una discreta quantità di aziende e amministrazioni che si sono spartiti il denaro allocato, senza però produrre nessun risultato significativo.
Al suo posto è sorto un altro progetto, per il quale sono stati stanziati 21 milioni di euro. 
Questa volta l’investimento è stato girato direttamente alle Regioni, con grande gioia dell’ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, che vide in questo modo un’occasione per rilanciare le politiche di promozione turistica e territoriale.
La redazione dei contenuti e la supervisione generale fu consegnata all’ENIT, l’Agenzia nazionale del Turismo.
Nel video realizzato dalle IENE di Italia 1, si prova a ricostruire la vicenda che ha interessato Italia.it, avventurandosi nella difficile interpretazione di come i soldi previsti siano stati spesi, vale la pena vederlo, a titolo di ennesimo esempio di cattiva gestione del denaro pubblico o dell’incapacità di articolare un progetto importante per contribuire a sollevare le sorti economiche del turismo italiano.

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