Non so bene, perché sto scrivendo questo post, è probabile che la vicinanza con la data di ricorrenza della giornata di commemorazione delle vittime delle Foibe e dell'esodo Giuliano-Dalmata, stia tirando fuori il peggio di me.
In questi giorni gira sui social network la foto di Norma Cossetto associata a quella di Carlo Giuliani.
Al di là della stupida strumentalizzazione dell'immagine, la didascalia mette in evidenza come della prima si ricordi solo il martirio e l'oblio, del secondo il fatto che, nell'ottobre 2006 il gruppo di Rifondazione Comunista al Senato della Repubblica decise di intitolare a Carlo Giuliani la sede del proprio ufficio di presidenza.
Le semplificazioni non mi sono mai piaciute, quelle sulla pelle delle gente meno delle altre.
Qualcuno ieri sera mi ricordava che "la verità ci renderà liberi" (Giov. 8,32). Dobbiamo avere il coraggio della verità. E' il coraggio che mi porta a dire che non c'è nulla di eroico nel mettere a ferro e fuoco una città o attaccare le forze dell'ordine.
Carlo Giuliani è un delinquente, con tutte le attenuanti della sua giovane età e della sua distorta sete di giustizia, ma pur sempre un delinquente, morto nell'adempimento del suo credo.
Norma Cossetto è una martire, senza dubbio, ma anche in questo caso, per il coraggio della verità non posso dimenticare che Norma era apertamente fascista come il padre, Giuseppe Cossetto, dirigente locale del Partito Nazionale Fascista, segretario politico del Fascio locale, commissario governativo delle Casse Rurali e podestà di Visinada (Croazia).
Solo i più sprovveduti non sanno cos'è successo in Slovenia, Croazia e Dalmazia tra il 1941 e il 1943.
Solo i peggiori ipocriti fanno finta di non sapere dei genocidi perpetrati nei confronti della popolazione civile, delle decine di campi di sterminio italiani, dei 20.000 morti perpetrati dal Generale Mario Roatta e dall'esercito occupante fascista.
Migliaia i civili falciati dai plotoni di esecuzione italiani, dalla Slovenia alla "Provincia del Carnaro", dalla Dalmazia fino alle Bocche di Cattaro e Montenegro senza aver subito alcun processo, ma in seguito a semplici ordini di generali dell'esercito, di governatori o di federali e commissari fascisti.
Italiani "brava gente", parenti diretti di quelli che all'inizio del secolo scorso "gasavano" i libici, i somali, gli eritrei e gli etiopi.
La violenza è inaccettabile, sempre e comunque, da qualsiasi parte venga, qualsiasi sia la "bandierina" appuntata sulla giacchetta.
Due settimane fa, suscitò un certo scalpore la partecipazione di Alessandro Di Battista alla trasmissione: "Le Invasioni Barbariche".
Ci furono strascichi e polemiche circa il credo fascista del padre di Di Battista, ma, ai più, è sfuggito il passato da catechista del deputato pentastellato e della sua lunga permanenza in sudamerica.
Quello che in America Latina è stato perpetrato sotto l'egida della croce è un orrore infinito che fa sembrare i regimi totalitari del secolo scorso una ragazzata.
Era una croce e la bandiera spagnola quella che Cristoforo Colombo piantò sulla terra americana come segno di conquista materiale e spirituale in nome della Spagna e della Chiesa Cattolica.
In meno di 400 anni, genocidi, malattie e fame sterminarono due terzi degli indios, milioni di persone e civiltà millenarie, tutto in nome del Vangelo e poco importa se oggi il "santo" Papa Francesco I - Jorge Mario Bergoglio arriva proprio da lì.
Qualora non l'avesse già fatto, invito Alessandro Di Battista, nel suo prossimo viaggio in America Latina a scendere dall'aereo e a chiedere umilmente scusa. Scusa per il suo credo violento e delinquente.
La guerra è merda, la sopraffazione di un uomo su un altro uomo è merda, sempre e comunque, qualunque motivazione, colore o religione abbia.
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