Nella notte c'ha lasciato il novantatreenne Oscar Luigi Scalfaro, uno della banda degli ex-presidenti.
Non sparato come nel film "Point Break" di Kathryn Bigelow, ma più comunemente di qualche acciacco di vecchiaia.
Di lui, in questi giorni, si ricorderannola costante presenza in parlamento fin dal 1946 o il micidiale settennato di mani pulite e delle stragi di mafia.
Personalmente dell'Oscarluigi mi piace ricordare un episodio che dell'ex presidente ci rivela la natura meno istituzionale ma quella più vigliaccamente italiana. L'episodio che verrà tramandato ai posteri come quello del "Bolerino".
L’allora onorevole democristiano Oscar Luigi Scalfaro, al tempo paladino del moralismo nazionale assieme a Giulio Andreotti, il 21 luglio del 1950 scende nella trattoria romana "da Chiarina" di Via della Vite dove lo attendono i due colleghi di partito Umberto Sampietro e Vittoria Titomanlio.
Fa un caldo infernale, e la signora Edith Mingoni in Toussan, si toglie il suo bolerino a fiori verdi e rossi, allora chiamato "prendisole" e resta con le spalle nude non sapendo di turbare così il pensiero dell'onorevole e dei suoi commensali vicino a lei seduti.
«Non si vergogna!?», sbotta (almeno così riportano dalle cronache dell'epoca) l'onorevole Scalfaro, «È uno schifo! Una cosa indegna e abominevole! Lei manca di rispetto al locale e alle persone presenti. Se è vestita a quel modo è una donna disonesta. Le ordino di rimettere il bolerino!». Scalfaro sarebbe uscito dal locale e vi sarebbe rientrato con due poliziotti. L'episodio terminò perciò in questura, ove la donna, militante del Movimento Sociale Italiano, querelò Scalfaro ed il collega Sampietro per ingiurie.
Ma la battaglia, del "prendisole", non finisce qui, perché l’onorevole rincara la dose a Montecitorio: «Queste donne, a furia di esporsi senza alcun pudore, cessano di essere donne private per diventare donne pubbliche».
Mamma mia! Stavolta spuntano tre sfide a duello: da parte del padre della signora, un colonnello pluridecorato dell'aeronautica militare a riposo, del marito, anch'egli ufficiale dell'aeronautica e della stessa signora, che sa tirar di scherma.
Mentre De Gasperi cerca di sbollire le acque, l’onorevole sfidato sostiene che, da buon cattolico, non può toccar la spada.
A questo punto interviene Totò, e perbacco, se c’è in ballo una delicata questione, solo un principe come De Curtis, un uomo di mondo come lui, la può dirimere:
«Ho appreso dai giornali che Ella ha respinto la sfida a duello inviataLe dal padre della signora Toussan, in seguito agli incidenti a Lei noti.
La motivazione del rifiuto di battersi da Lei adottata, cioè quella dei princìpi cristiani, ammetterà che è speciosa e infondata.
Il sentimento cristiano, prima di essere da Lei invocato per sottrarsi a un dovere che è patrimonio comune di tutti i gentiluomini, avrebbe dovuto impedire a Lei e ai Suoi Amici di fare apprezzamenti sulla persona di una Signora rispettabilissima.
Abusi del genere comportano l'obbligo di assumerne le conseguenze, specialmente per uomini responsabili, i quali hanno la discutibile prerogativa di essere segnalati all'attenzione pubblica, per ogni loro atto.
Non si pretende da Lei , dopo il rifiuto di battersi, una maggiore sensibilità, ma si ha il diritto di esigere che in incidenti del genere, le persone alle quali il sentimento della responsabilità morale e cavalleresca è ignoto, abbiano almeno il pudore di sottrarsi al giudizio degli uomini, ai quali questi sentimenti e il coraggio civile dicono ancora qualcosa.
principe Antonio Focas Flavio Comneno De Curtis» (Avanti!, 23 novembre 1950)
Sembra che Totò non abbia mai ricevuto risposta e il processo per la querela non fu mai celebrato, per amnistia, di tre anni dopo.
Corsi e ricorsi...
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